venerdì 18 novembre 2016

Messaggi da dentro


Metti un percorso di arteterapia dedicato all'emicrania. Un percorso di guarigione, un'opportunità per prendersi cura di sé, centrarsi su se stessi e sul proprio corpo. Un corpo che è "io" e che manda segnali, talvolta anche dolorosi, urla a gran voce e manda messaggi. Messaggi da dentro.
Metti una mattina uggiosa di novembre, in cui senti il bisogno di confrontarti anche tu con certe parti di te, di ascoltare cosa ti vuole dire il sintomo o la malattia. Metti di scoprire che non è solo dolore, sofferenza, fastidio o stanchezza. Metti di dare spazio a una parte di te, fornendogli uno strumento nuovo per comunicare, con te. Il tuo corpo, la tua testa, tu... che parli a te.
E allora ecco che se gli apri la porta, se gli dai spazio, tempo, r-accoglimento e ascolto, qualcosa succede. E' la "magia" dell'arteterapia, che poi non è di magia che si tratta. Si tratta di aprire una porta su di sé, di permettersi di guardare dentro, a fondo, nella parte più autentica e reale che abbiamo.
Il corpo, io, la mia anima, sono una cosa sola. Qualcuno un giorno le ha separate, corpo e anima o spirito... ma è un buon esercizio se proviamo a riunificarle, a sentirle, sentirci una cosa sola, una persona, una creatura sola.

                                       
Il mio mandala dell'emicrania è venuto così. Siamo partiti da un supporto solido e resistente, adatto a contenere, grazie anche alla sua forma rotonda, stati d'animo, idee, pensieri, sentimenti e sensazioni anche complessi o sconosciuti. Il materiale a disposizione era il più vario: tutti i colori, secchi e umidi e carte da collage, riviste e altri materiali da sperimentare. Nel momento della concentrazione di solito lascio fluire, lascio che le immagini si formino da sé, cerco di abbandonare il senso estetico e di far sì che siano i materiali e i colori a scegliere me e non il contrario. Pian piano entro in un ritmo creativo interiore, concentrato, il mondo fuori quasi sparisce, nella nebbia di novembre.
Poi lavoro, taglio, incollo, disegno, dipingo, osservo. Il tempo passa e non mi accorgo.
Alla fine guardo la mia opera, mi ci specchio, mi prendo un tempo di silenzio per guardarla e scoprire quel pezzo di me, che è venuto fuori da chissadove. Ma sono le mie mani ad averlo creato, è la mia mente che lo ha pensato, i miei occhi lo hanno visto crescere e formarsi. E' una mia creatura, è qui davanti ai miei occhi: bella o brutta, strana o piacevole, sicuramente stimolante.
La guardo e la ascolto. Sto in silenzio e aspetto che mi parli. Utilizza le parole per dire, io quelle che sento le appunto con la matita sul mio quaderno. Come una traccia, come a fermare quel messaggio così importante ora, adesso, qui.
Inizio a capire, a collegare, con la parte più razionale di me, il mio emisfero sinistro ora si mette in moto, aveva lasciato lo spazio al suo fratello gemello, il destro, lo aveva lasciato in pace, lo aveva lasciato creare piacevolmente. Adesso è lui però che può tirare le fila, che può unire parole e immagini e costruire un senso, riscrivere una storia, un pezzetto anche della sua di storia.
Ed eccoli i due emisferi, due occhi che sembrano guardare fuori, due occhi diversi ma complementari, entrambi servono per vedere, per saper vedere il mondo.
Uno è pieno di parole, di scritte, di forme grigie regolari, di divieti e di simboli. L'altro è più morbido, accoglie una stella e pagliuzze dorate che sanno di universo, di infinito. Accoglie la parola "arte", a me così cara... mi sovviene il pensiero "vorrei vivere così". Ma non si può, uno ha bisogno dell'altro, come in un incontro di arteterapia, servono entrambi. Se sono lì nella nostra scatola cranica, se sono due, gemelli, diversi ma uniti, un motivo ci sarà. Hanno bisogno di avere entrambi lo stesso spazio, hanno bisogno di accettarsi, di amarsi. Di restare uniti ma separati, indipendenti e autonomi ma per sempre legati. Ed è una parola che li lega, c'è un centro che li lega, Un punto dorato, da cui passano vasi sanguigni che irrorano tutta la testa. Passano tutti da lì, dal centro e si trasformano... in oro. Ed ecco l'alchimia, il rosso che si trasforma in oro. Un oro che va a contaminare e ad abbracciare i due emisferi, le due entità. Un oro che è testimonianza di cambiamento, un oro che è speranza. C'è speranza. Si può mediare tra gli opposti, accettando che entrambi abbiano il diritto di essere. C'è movimento e il movimento è vita, è sangue, è corpo vivo, reale, adesso, qui.
Allora va dato spazio ad entrambi, va fatto fluire il sangue, va lasciato andare.
Poi è arrivata un'altra parola: "disobbedienza" e allora ho capito. Non si può disobbedire al sinistro cercando di andare verso il destro, pensando che dando più spazio a lui, al mio preferito, starei meglio. Non si può puntare solo su uno di questi emisferi, su una di queste modalità di vedere e vivere il mondo. Se si lavora solo su uno, poi si fa il gioco degli opposti, si ribalta la situazione, il sinistro diventa il destro, ma come nella proprietà commutativa dell'addizione, il risultato non cambia. C'è una prevalenza, c'è una prepotenza, che crea disequilibrio. Per bilanciare questi due c'è invece bisogno che la disobbedienza sia fatta ad arte: che sia usata l'arte per disobbedire, mediando e non rovesciando la situazione che rimane altrimenti la stessa. Perciò bisogna imparare a disobbedire in maniera costruttiva e creativa, mantenendo sempre il contatto fra i due modi di vivere e pensare. D'altronde anche i due emisferi sono indissolubilmente legati, il corpo calloso li unisce e li unirà per sempre. E come nel rapporto tra due gemelli, nessuno potrà mai veramente comprendere la magia che li unisce e li rende unici e speciali. Possiamo solo fidarci.
Il nostro corpo è tutto ciò che siamo e lui ha la risposta a tutto.

E posso solo ringraziare per queste nuove consapevolezze, e posso solo confermare a me stessa che la strada è quella giusta.

Vivi


Nessun commento:

Posta un commento