giovedì 6 febbraio 2014

"Animare l'educazione" ...seconda puntata

Eccomi qui, in una giornata soleggiata dopo mille altre di pioggia, obbligata dalla febbre a rintanarmi in casa. Io però non mi perdo d'animo e con il mio computer portatile vado avanti a raccontarvi e a raccontarmi le mie storie sull'arte e l'educazione... procediamo con gli appunti:

Nel capitolo dedicato alla pittura, Marco Dallari ci parla delle regole, dell'arte e del linguaggio...spaziando per l'epistemologia. 
La poesia, la letteratura, l'arte visuale, sono i luoghi simbolici in cui la lingua ridiventa linguaggio, ogni canone viene tradito, ogni regola viene trasgredita e ridefinita.
L'arte, nella sua dimensione più autentica e originaria, è il luogo trasgressivo dell'errore-erranza. Ciò si contrappone all'idea di poter ridurre l'arte o la cultura ad un canone o costrette in tassonomie predefinite chiamate altresì materie scolastiche.
Egli poi cita Winnicott e la teoria secondo cui i bambini si avvicinano al linguaggio e quindi al mondo, attraverso le esperienza transizionali rese possibili da oggetti (la mitica coperta di linus). Il linguaggio perciò ha valenza transizionale, perchè permette al bambino di apprendere parole che contengano qualcosa di sè e qualcosa della cultura.
A patto però che l'apprendimento si accompagni con la trasgressione creativa e con la libertà interpretativa. Le lingue, i linguaggi non devono pertanto essere presi come assoluti e distanti da sè.
Qui si aggancia perciò l'idea che ogni atto di simbolizzazione (dare nomi alle cose, crearne una rappresentazione visiva) comporta un'attività intenzionale, poichè la psiche (sia personale che collettiva) quando crea la rappresentazione simbolica di qualcosa, lo intenziona, selezionandone le qualità formali e individuandone il senso.
E il simbolo come sappiamo non esaurisce mai la possibilità di significare ancora, è sempre aperto a un'ulteriorità di senso.
Perciò noi educatori non dovremmo mai dire con certezza di qualcosa che "è così e significa questo..." perchè tradiremmo l'essenza simbolica del nostro rapporto col mondo, con gli altri e con noi stessi, costringendo le cose, gli oggetti, le parole ad avere un solo senso e un solo significato (ispirandoci riduttivamente, ad una semplificata e banalizzata "razionalità" attraverso la classificazione, la tassonomia, la modularità).
L'orizzonte di senso e di significazione di una parola, di un oggetto è incontenibile. L'essenza simbolica è libera, irriducibile e poetica.
Si può parlare allora di pertinenza, riduzione funzionale ma dichiarandola tale, senza spacciarla per conoscenza o "oggettività".
Come risolvere questo inghippo? Come insegnare, educare allora?
Risposta: facendo collaborare logica e analogia, parole e immagini.
Molti artisti hanno indagato il mondo tra immagine e parola, pensiamo all'arte concettuale, oppure al ready made... o al surrealismo. Tutti sono lì a dimostrarci come la conoscenza del mondo e la conoscenza di sè sono sempre il risultato di un incontro e la costruzione delle rappresentazioni avviene attraverso un processo di negoziazione fra un'io, l'oggetto della conoscenza (altro da sè) e il mondo (contesto).
L'esperienza del singolo non è infatti distinguibile dall'alterità, dal contesto ambientale e dal mondo. L'esperienza è vissuta: ciò che viene percepito, è com-preso (preso dentro sè) e riconosciuto come esistente perchè diviene, in quel momento, parte della vita del percipiente.

Perciò la dimensione emozionale è componente essenziale dei processi di apprendimento e di costruzione e co-costruzione delle conoscenze.
L'intelligenza ha aspetti logici ma anche analogici. I processi logici seguono una linea inferenziale lineare, obbligata. Possono condurci a un unico punto di arrivo, a un'unica conclusione. I processi analogici, al contrario, sono trasversali, deviano, scartano. Sono quelli che riguardano le associazioni, gli spostamenti figurali, le metafore, il cui contenuto viene captato in maniera privilegiata dall'emisfero destro del cervello (il processo mentale consistente nell'interpretazione di una metafora stimola un'azione creativa e coinvolge l'inconscio nel processo di comprensione del messaggio).
Lo strumento della metafora ci invita ad andare oltre l'aspetto convenzionale del rapporto significanti-significato. Piaget sosteneva che costruire una metafora è sempre una trasgressione rispetto a un modo consolidato, canonico e giusto di dire qualcosa.
Ma in ambito artistico i concetti di errore, trasgressione, invenzione, si con-fondono in maniera stimolante. Ne hanno fatto una virtù i dadaisti con i loro meravigliosi collage...

Dallari infine  conclude con un invito:
a volte basterebbe un po' di impertinenza per trasformare, innovare la pratica educativa. A patto che l'educatore e l'insegnante sia, a sua volta colto, analogico e un po' impertinente.









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