martedì 25 novembre 2014

OPEN

Il concetto di OPEN, mi ha illuminato. Collega tante cose che ho letto, studiato, esperito e sentito negli ultimi anni. Tutto torna. Appunto.
Sembra che contrasti con il modo in cui solitamente viviamo, ma in realtà se lo si sa scorgere, si capisce come il nostro mondo ne è necessariamente permeato.
Ho avuto la fortuna di ascoltare le parole di Raimond Panikkar attraverso una sua intervista https://www.youtube.com/watch?v=s14SL2r1e18&list=PL6F1B6389F56418A6&index=7 )
e mi sono lasciata ispirare dalle sue semplici parole.
Nel nostro mondo moderno è forte la convinzione che tutto sia spiegabile grazie alla ragione, alla razionalità, al metodo scientifico. E che ciò che non è spiegabile in questo modo, semplicemente non esista. 
Mi sono accorta che ci sono cose che esistono ma sono difficili da spiegare con le parole, con l'intelletto.. come mai?
Forse il motivo è che non debbono essere necessariamente spiegate, esse parlano alla parte di noi non razionale, chiedono perciò una apertura a ciò che è altro.
Apertura è la parola chiave. Fede è un'altra parola. Panikkar definisce la fede come "l'apertura esistenziale a." Ha messo il punto. Perchè basta l'apertura, non importa a cosa, non è necessario oggettivarla, darle il nome di un dio o di una religione o di chissà cosa.
E' un atteggiamento esistenziale che è aperto e che si lascia fecondare e influenzare da ciò che è più grande di sè. Non importa cosa sia. Ma c'è.
Non serve spiegarlo, è importante che ci sia la consapevolezza. L'intelligenza non va identificata con la razionalità. Dobbiamo avere la consapevolezza che la ragione sola non può spiegare tutto.
Nella nostra vita noi ci chiediamo: "Qual è il senso?" Ma non dobbiamo trovare necessariamente la risposta. Il senso c'è e questo ci deve bastare. Ma ci basta solo se viviamo la vita con fiducia, con fede. Se percepiamo che non c'è un fuori e un dentro, che le categorie sono strumenti nostri che sono certamente utili alla conoscenza delle cose, ma nell'universo tutto è correlato. Tutto è unito e tutte le cose, persone, animali, la natura, gli oggetti... tutte sono fra loro interdipendenti. C'è distinzione, c'è identità certo, ma non c'è separazione. Lo dimostra il fatto che c'è bisogno dell'alterità per definire l'identità. Perciò tra io e altro c'è una stretta relazione.

Nella meditazione ascoltiamo il nostro respiro, che ci ricorda che nonostante tutto ciò che scorre dentro e fuori di noi, c'è uno sfondo, un fondo che semplicemente esiste, semplicemente è. (Donna Fahri "Lo yoga nella vita")
Non ha bisogno di spiegazioni o teorie, ha bisogno di essere esperito e sentito, con consapevolezza, e senza l'utilità della ragione.
"Il fondo" 20X20 bassorilievo polimaterico 2014
La risposta c'è, l'universo ce la rimanda... Noi siamo il mondo e il mondo siamo noi. Noi siamo noi stessi, ma anche l'altro. Siamo la natura, siamo gli animali...siamo tutte le cose. La conseguenza di questo discorso è la sacralità di ogni cosa e questo concetto non può che aprire al rispetto, che è essenziale perchè il rispetto per il mondo passa attraverso il rispetto di me stesso. E' la stessa cosa. 
Lo diceva anche Joseph Beuys, e lo dicono anche gli yogi, ne parla il buddismo... ma anche l'astronomia che sembra lontana da questi discorsi lo conferma.
Sono saperi universali, espressi in modo diverso da correnti diverse, e questo non può che farci riflettere.
Siamo fatti di infinito perchè viviamo nell'infinito.
Questo atteggiamento esistenziale mette una grande pace interiore. Bisognerebbe viverlo intensamente nelle circostanze in cui ognuno di noi vive. Ma sappiamo bene che non è facile. E' la fiducia nel mistero, nello spirituale. Che c'è, anche se non si vede, anche se non si spiega, anche se non si dimostra. Anche se viene chiamato con nomi diversi. C'è.

"Infinito" 20X20 bassorilievo polimaterico 2014


Ecco questa è la dimostrazione di come le parole non bastino, e non siano mai esaustive nel raccontare questa sensazione così ampia.






1 commento:

  1. Trovo i tuoi post sempre molto interessanti, specialmente quest'ultimo, però non mi riesce facile lasciare poi un commento, perché finito di leggere, mi sento stimolata a riflettere "in solitaria" su quello che scrivi e sull'osservazione attenta delle tue opere. Spesso, sento il tuo lavoro come un'invito alla ricerca interiore. Oggi, vorrei lasciarti un segno del mio passaggio, dicendoti che il tuo infinito mi comunica proprio il senso di quell'unione di cui parli e del suo movimento, appunto, infinito, sempre attivo, che non si ferma mai. Mi pare anche di leggerci dentro un messaggio di fiducia, perché finché c'è movimento c'è vita e anche evoluzione.

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